La serena precarietà
Non so se a causa della pandemia che ha impedito loro il ristoro di una trattoria o di una loro parsimoniosa propensione alla schiscetta, anche se dall'aspetto penso non sappiano nemmeno cosa sia, ma questo gruppo di giovani muratori assiepato in un mezzo container durante la pausa pranzo mi ha colpito per la serena precarietà che ne traspare, intensificata anche dall'iconica transenna "lavori in corso".
Ho scattato la foto tentando di non farmi scoprire e se la potete vedere non è certo per la mia abilità ma per la loro tolleranza perché sono quasi certo do essere stato colto con l'obiettivo in bella vista (quello dello smartphone ovviamente).
Io sono un tipo abitudinario e, data l'età, anche piuttosto esigente. Quando mangio voglio per lo meno infilare le gambe sotto un tavolo, sedermi comodo (la mia impenitente lombosciatalgia me lo impone) e essere anche servito. Sul tovagliame, le posate e i piatti sono tollerante e mi vanno anche quelle usa e getta, anche se mi incazzo quando per le rifilano in quelle finte trattorie con il conto da ristorante e le porzioni da nutrizionista. Ma questi ragazzi erano uno spettacolo: mangiavano, chiacchieravano e ridevano sereni dopo il duro lavoro di cantiere, sapendo oltretutto che li aspettavano ancora diverse faticose ore prima di "mettere giù la badila".
E' la serena precarietà della scena ad avermi colpito.
Io che sono abituato a programmare, a prevedere, a pormi e perseguire obiettivi anche se sono ormai in pensione, a cercare di costruirmi un'artificiosa prospettiva che non c'è più, inventandomi attività e lavori che tengano occupato questo insaziabile e facile alla noia cervello.
C'è sempre da imparare.
Anche da un piccolo cantiere durante la pausa pranzo.
Ho scattato la foto tentando di non farmi scoprire e se la potete vedere non è certo per la mia abilità ma per la loro tolleranza perché sono quasi certo do essere stato colto con l'obiettivo in bella vista (quello dello smartphone ovviamente).
Io sono un tipo abitudinario e, data l'età, anche piuttosto esigente. Quando mangio voglio per lo meno infilare le gambe sotto un tavolo, sedermi comodo (la mia impenitente lombosciatalgia me lo impone) e essere anche servito. Sul tovagliame, le posate e i piatti sono tollerante e mi vanno anche quelle usa e getta, anche se mi incazzo quando per le rifilano in quelle finte trattorie con il conto da ristorante e le porzioni da nutrizionista. Ma questi ragazzi erano uno spettacolo: mangiavano, chiacchieravano e ridevano sereni dopo il duro lavoro di cantiere, sapendo oltretutto che li aspettavano ancora diverse faticose ore prima di "mettere giù la badila".
E' la serena precarietà della scena ad avermi colpito.
Io che sono abituato a programmare, a prevedere, a pormi e perseguire obiettivi anche se sono ormai in pensione, a cercare di costruirmi un'artificiosa prospettiva che non c'è più, inventandomi attività e lavori che tengano occupato questo insaziabile e facile alla noia cervello.
C'è sempre da imparare.
Anche da un piccolo cantiere durante la pausa pranzo.
Incipit Nova Dignitas