( E. Flaiano)
La risposta arrivò già quella sera stessa, quando si scatenò un vero inferno mediatico nei suo confronti. Associazioni di categoria, cittadini intervistati a bordo della loro automobile, sindacati, partiti politici, opinionisti, tutti uniti contro di lui, contro il suo insano proposito di cambiamento.
“Justin, approfittane” gli disse sua moglie “dai le dimissioni. Non abbiamo bisogno del tuo stipendio da Governatore. Ci ritiriamo nella nostra casa di campagna e tra qualche mese nessuno si ricorderà nemmeno più dell’accaduto…”
Si trattava di parole di buon senso, dettate dall’affetto e dalla preoccupazione che lei nutriva nei suoi confronti, ma suonarono invece alle sue orecchie come una proposta di resa incondizionata ed ebbero sul Governatore un effetto diametralmente opposto.
La mattina successiva Justin Durban si presentò in ufficio carico come non mai e convocò la prima riunione della T2F, ovvero della Traffic Task Force.
Mentre gli assessori che aveva invitato non ebbero nemmeno il buon gusto di preannunciare la propria assenza, dirigenti e funzionari di servizio si presentarono al gran completo tutti quanti ansiosi di mettersi al lavoro.
Il meeting si protrasse per l’intera giornata e quando nel tardo pomeriggio, sfinito, il Governatore dichiarò chiuso l’incontro, il piano era già diventato operativo.
Nei giorni successivi Justin Durban fu letteralmente risucchiato da decine di interviste, tavole rotonde e confronti più o meno pubblici con le associazioni di categoria, sindacati, industriali e qualsiasi altro soggetto immaginabile, ma non arretrò di un solo millimetro nella sua decisione.
Confortato dai quotidiani avanzamenti del piano operativo, il Governatore continuò a ribadire il proprio intento, corroborandolo con approfondimenti tecnici sempre più di dettaglio.
Quando una mattina, mancava meno di una settimana
all’inizio del blocco del traffico, la città si svegliò con le maggiori
carreggiate cittadine tagliate a metà da una linea gialla e sulla corsia di
destra l’inconfondibile disegno di una bicicletta ogni trenta metri, tutti
capirono che non c’era più niente da fare: il blocco ci sarebbe stato.
E finalmente arrivò il primo lunedì di marzo, il giorno stabilito per l’inizio del blocco.
Il Governatore, alle quattro del mattino, entrò nella sala operativa dei vigili urbani dove decine di monitor ricevevano le immagini in tempo reale provenienti dalle centinaia di telecamere sparse per la città. Tenne una breve riunione con il comandante dei vigili, il direttore dell’azienda dei trasporti e poi si sistemò su una poltroncina che gli era stata riservata proprio in mezzo alla sala controllo.
Alle sei le prime auto provenienti da fuori città parcheggiarono nelle nuove aree adibite a posteggio e le navette cominciarono a trasportare i pendolari verso il centro di Hula. Alle otto la macchina organizzativa voluta da Justin Durban era a pieno regime, centinaia di taxi e autobus, percorrevano veloci le strade della città, affiancati da migliaia di ciclisti invogliati da una mattinata particolarmente tiepida. Decine di giornalisti provenienti da tutto il mondo, presero a intervistare i cittadini, raccogliendo le loro primissime impressioni su come stesse procedendo il grande esperimento. La maggior parte era soddisfatta, alcuni addirittura entusiasti, pochi si lamentavano per la scomodità, ma tutti affermarono di avere risparmiato tempo.
Nel pomeriggio il traffico s’intensificò perché i coloro che ne avevano diritto utilizzarono le proprie autovetture per svolgere le loro commissioni, ma siccome si trattava di un decimo dei mezzi circolanti non ebbe alcun impatto sulla fluidità del traffico.
Quella sera i telegiornali furono costretti ad ammettere che la prima giornata si era svolta senza troppi disagi, anche se i commentatori attribuirono all’entusiasmo della novità, le positive reazioni dei cittadini.
La prima settimana si svolse senza particolari intoppi e il sabato le strade si riempirono come tutti gli altri sabati di automobilisti in giro per la città per acquisti.
Solo la centrale dei taxi riportò un dato anomalo, un incremento del centoventi percento delle chiamate nel corso del weekend.
Il Governatore chiese di mantenere riservata quell’informazione, ma ordinò alla compagnia di taxi di strutturarsi per il successivo weekend per affrontare la richiesta. Tutti coloro che avevano dovuto sopportare un’attesa più lunga del previsto nel corso del weekend, furono richiamati e fu spiegato loro che si era trattato di una disfunzione del sistema di smistamento delle chiamate.
La stessa cosa, anche se in misura inferiore, accadde anche alle fermate dei mezzi pubblici dove la gente ormai abituata a tempi d’attesa di pochi minuti mal sopportava il tradizionale quarto d’ora.
Questo fenomeno si ripropose nei successivi weekend in misura sempre crescente e così la sera dell’ultimo venerdì della sperimentazione, il Governatore convocò i giornalisti per una conferenza stampa nella quale evitò accuratamente qualsiasi conclusione, bollandola come affrettata, ma annunciò alla cittadinanza che tutti i servizi di trasporto suppletivi, corsia preferenziale per le biciclette inclusa, sarebbero rimasti attivi anche per la settimana successiva, anche se il blocco del traffico privato era terminato.
Nel weekend l’uso dei mezzi pubblici, dei taxi e delle biciclette non subì alcuna flessione, così alle cinque del lunedì mattina il Governatore si ritrovò seduto al centro della sala controllo, in attesa di vedere cosa avrebbero deciso di fare i suoi concittadini.
Alle sei l’incremento di traffico privato rispetto ai lunedì del blocco, fu stimato in un misero cinque percento, comunque inferiore dell’ottanta percento al traffico pre-blocco.
Alle sette l’incremento era del quindici percento, alle otto del venti per cento e su questa cifra si assestò per l’intera giornata. Complessivamente la riduzione del traffico rispetto al periodo precedente al blocco era stata del sessantacinque percento e su quella cifra si mantenne per l’intera settimana.
A questo punto Justin Durban convocò una riunione straordinaria del Consiglio, preannunciando che l’ordine del giorno sarebbe stato proprio il traffico.
Dalla sua parte ormai aveva la maggior parte dell’opinione pubblica, della stampa – inclusa quella internazionale dove il grande blocco di Hula era additato come esempio eccellente -, del sindacato dei taxisti e molte altre organizzazioni entusiaste dei risultati ottenuti.
I due Partiti in tutto quel mese di blocco erano stati a osservare quanto stava accadendo, sempre nella speranza che le cose si mettessero male e quando ormai era evidente il contrario, avevano tentato di cavalcare l’onda, affrettandosi a rilasciare dichiarazioni di apprezzamento e stima nei confronti del Governatore che loro stessi avevano scelto. La cosa naturalmente non passò inosservata alla stampa e, anche se il Governatore non aveva fatto o detto alcunché per infierire su di loro, i due Partiti si trovarono a loro volta al centro di un inferno mediatico.
Quindi, quando Justin Durban, suggerì di trasformare l’esperimento in regolamento permanente, la proposta fu votata all’unanimità e venne anche approvato uno studio di fattibilità per estendere il protocollo all’intera Valley.
Quella sera la signora Frida, mentre Justin era seduto nella sua poltrona a guardare la televisione, si alzò, andò alla scrivania del Governatore, aprì il cassetto con il doppio fondo e ne estrasse un Avana e, sotto lo sguardo esterrefatto del marito, glielo infilò fra le labbra e mentre lo accendeva, disse:
“Te lo sei meritato. Sei stato proprio bravo… però, domattina, falli sparire da lì se no finiscono dritti nel camino”.