( Alessandro Magno )

Quella sua ultima affermazione, unita al fatto di avere proposto a un Convegno invece che al Consiglio, la nuova politica energetica di Hulahop, valse al Governatore la totale e definitiva inimicizia di tutte le parti politiche.

La comunità scientifica, la stampa, le associazioni sindacali e industriali e l’opinione pubblica in genere furono invece tutte con lui. I politici furono costretti a furor di popolo a deliberare rapidamente la nuova politica energetica e la macchina amministrativa e le industrie coinvolte si misero alacremente al lavoro.

In meno di tre mesi in tutta Hulahop non si poté più trovare nemmeno una lampada a incandescenza e l’industria cominciò a sfornare pannelli fotovoltaici come una rotativa.

Alcuni osservatori prevedevano che il piano sarebbe stato portato a compimento con almeno un anno di anticipo e il Governatore fu molto occupato a ricevere numerose delegazioni internazionali che desideravano chiarimenti sul Nuovo Piano Energetico.

Non contento di quel che aveva già fatto, Justin Durban si fece promotore di un comitato internazionale per lo studio e la ricerca di soluzioni scientifiche nel campo del geoengineering, ovvero la disciplina che si occupava della deliberata modificazione dell’ambiente terrestre ai fini di soddisfare i bisogni dell’uomo e promuovere l’abitabilità del pianeta. Il Governatore, da sempre amante della fantascienza e di Asimov in particolare nei cui libri aveva per la prima volta letto il concetto di terraformazione, era ben conscio del guaio in cui si stava cacciando, ma era altresì convinto che la situazione della Terra era così compromessa da necessitare di azioni, progetti e soluzioni a livello internazionale senza porre alcun limite alla fantasia degli scienziati. Fu subito subissato da una valanga di critiche, ma anche da numerosi attestati di stima e fu costretto a recarsi anche oltreoceano, un paio di volte, per incontrare altri uomini politici che la pensavano come lui.

Fu la Signora Frida a porre fine a quel tour de force.

“Devi prenderti una vacanza” sentenziò una sera “sei troppo stanco e, alla tua età, devi imparare a risparmiarti un po’”.

Foto di Tiziana Callegari

Quell’accenno alla sua età non piacque per niente al Governatore, ma sapeva che era inutile lottare contro le decisioni prese dalla sua signora e così, un paio di settimane dopo, Frida e Justin Durban partirono in incognito verso il sole e il mare di un paese della sponda settentrionale dell’Africa. Anche se era solo primavera, la temperatura a mezzogiorno sfiorava già i trenta gradi, ma il clima secco e ventilato rendevano lo stare in spiaggia comunque piacevole.

Avevano prenotato in un villaggio turistico a conduzione svedese per ridurre al minimo la possibilità di essere riconosciuti. In mezzo a tutti quegli splendidi esseri biondi spiccavano come due mosche in una tazza di latte, ma nessuno li riconobbe.

I signori Durban si concessero anche lunghe passeggiate mattutine nel vicino centro abitato e poterono osservare la vita e il lavoro di quella popolazione, di cui molti connazionali affollavano anche le strade di Hula.

Anche la Hulahop Valley, quale ricco paese occidentale, era diventata per gli africani uno dei tanti luoghi di emigrazione alla ricerca di un benessere impossibile da trovare in patria.

In quei giorni di riposo Justin Durban s’interrogò a lungo sul perché quella gente laboriosa fosse costretta a lasciare la propria terra per andare a cercare fortuna in paesi tanto lontani e diversi dal loro.

Oltretutto in Hulahop si stava creando un disdicevole se non proprio xenofo, per lo meno intollerante atteggiamento nei confronti degli immigrati, alcuni dei quali si erano lordati in passato di crimini. Ora con l’avvento della Demotivazione e la conseguente scomparsa della moneta, anche questo fenomeno criminale era ridotto a un lumicino, mentre l’intolleranza era addirittura cresciuta. E pensare che, e questo faceva davvero arrabbiare il Governatore, c’erano mestieri che gli Hulahoppesi si rifiutavano ormai di fare e avevano delegato in toto alla manodopera immigrata e senza i quali la società Hulahoppese sarebbe letteralmente collassata. Stava pensando a panettieri, netturbini, mungitori con i loro orari impossibili, agli infermieri, alle badanti e a decine di altri mestieri faticosi, umili e scomodi dei quali i ricchi Hulahoppesi non volevano più nemmeno sentire parlare. A parte questi, le fabbriche di Hulahop funzionavano ormai quasi esclusivamente grazie a manodopera d’importazione, perché i giovani della Valle erano quasi tutti laureati e accettavano solo lavori che dessero loro adeguate soddisfazioni, oltre che economiche, anche intellettualmente consone agli studi che avevano compiuto.

E nella mente di Justin Durban, mai sazia di sfide e novità, cominciò a prendere corpo un’idea.

La Signora Frida si accorse subito che il marito stava per combinarne un’altra, ma non disse nulla, nemmeno quando lui la trascinò nei dintorni del villaggio per mete che nulla avevano di turistico.

L’ultimo giorno della loro permanenza, mentre la signora prendeva l’ultima tintarella, il Governatore sparì per un paio d’ore e se ne tornò con un grosso fascicolo di documenti che fece sparire nella valigia.

“Cosa stai combinando, questa volta?” gli chiese lei, vedendo le carte, mentre preparava i bagagli.

“Te lo spiego durante il viaggio di ritorno. Sono certo che ti piacerà…”

Quella volta, invece, la signora Frida non approvò affatto l’idea del Governatore. Era la prima volta che accadeva e Justin Durban non poteva non tenerne conto.

“Justin tu sei un sognatore, ma il mondo capisce solo cose concrete. L’idea è bella e meritevole, ma non ti seguirà nessuno. E in questo caso non puoi trasformarla in una legge e imporla al Consiglio e nemmeno annunciarla al popolo e sperare che ti segua”.

La signora Frida, come sempre aveva ragione, ma la follia creativa del Governatore era più forte di qualsiasi buon consiglio e lui decise di andare avanti.


Chiamò il progetto Corinman, dalla contrazione delle tre parole “Cuore in mano” perché così si diceva una volta fossero gli Hulahoppesi, così generosi da avere il cuore in una mano. E anche se di quella generosità si erano perse le tracce lui sperava che, solleticati nell’orgoglio delle loro radici, ne potessero ritrovare almeno un po’. Il Governatore si diede un gran da fare, rispolverò conoscenze ormai sbiadite, ne creò di nuove e alla fine riuscì a mettere assieme un pool di finanziarie disposte a seguirlo nell'ambizioso progetto della fondazione della prima Social Responsibility Public Company del mondo. 
Corinman aveva la struttura societaria tipica di un Fondo Immobiliare Chiuso. 
Il principio di un fondo immobiliare è semplice da capire. Un’istituzione finanziaria lancia un Fondo Immobiliare con l'obiettivo di raccogliere un certo capitale al fine di investirlo acquistando o costruendo beni immobili (tipicamente complessi industriali/commerciali, ma non solo). Terminata la prima fase di raccolta fondi, i gestori iniziano ad acquistare gli immobili. 
Il fondo immobiliare è un fondo chiuso. Questo significa che non è possibile avere il rimborso della quota come accade nei normali fondi di investimento (che si definiscono aperti). Questo è abbastanza intuitivo poiché mentre nei fondi comuni di investimento il gestore può liquidare gli investimenti finanziari immediatamente, in un fondo immobiliare il gestore non può certo vendere un fabbricato. Il guadagno di un fondo immobiliare deriva dalla rivalutazione degli immobili contenuti nel fondo e dagli affitti che il fondo stesso riscuote. 
Bene, Corinman aveva come scopo sociale quello di costruire infrastrutture produttive, formative, residenziali e assistenziali nei paesi del terzo e del quarto mondo.

Justin Durban avrebbe lanciato Corinman con lo slogan “Le tue buone azioni” con il quale avrebbe invitato i concittadini a trasformare le proprie buone azioni in quote del fondo. Se la raccolta fosse andata a buon fine, Corinman avrebbe avviato tre grandi centri polifunzionali in altrettanti paesi africani, gli stessi da dove provenivano la maggior parte degli immigrati di Hulahop.

Ogni centro sarebbe stato allocato in una zona servita da un aeroporto o un porto internazionale e sarebbe stato costituito da strutture formative, strutture produttive ready-to-use, strutture residenziali, strutture sanitarie e centri servizi (energia, telecomunicazioni, sicurezza, manutenzione, ecc.).

Corinman si sarebbe occupato di realizzate l’infrastruttura e di offrirla in locazione ad aziende di piccola e media dimensione dei paesi industrializzati interessate ad accedere a manodopera a basso costo ma che non potevano permettersi, da sole, gli investimenti infrastrutturali e il relativo rischio paese e a organizzazioni di volontariato che volendo operare in quei paesi avrebbero dovuto dotarsi di strutture formative e assistenziali proprie.

Corinman avrebbe messo a disposizione delle aziende un’area produttiva ready-to-use dotata di servizi di livello occidentale, sia professionali (collegamenti satellitari di telecomunicazione, servizi ASP, cabling esteso, climatizzazione, manutenzione, centrale d’acquisto, ristorazione, ecc.), sia residenziali (alloggi per il personale occidentale, sanità, sicurezza, country club, ecc.), sia formativi (strutture e personale dedicato alla formazione della manodopera locale).

Le organizzazioni di volontariato avrebbero potuto usufruire, anche se in misura diversa, degli stessi servizi e avrebbero potuto anche gestirne in prima persona alcuni (es. sanità, strutture residenziali, ecc.)

Corinman, in altre parole, era un facilitatore del processo di delocalizzazione in atto, in grado di aprire una nuova area di sviluppo non più in estremo oriente, ma nella più vicina e bisognosa Africa. Gli imprenditori avrebbero potuto delegare operativamente parte delle maestranze già alle loro dipendenze e che, essendo originarie di quelle terre, erano interessare a farvi ritorno. E le maestranze che avevano appreso il mestiere a Hulahop avrebbero potuto trasferire le loro conoscenze ai propri connazionali, grazie anche alle strutture formative previste in ogni centro polifunzionale che era destinato a diventare un importante volano di sviluppo per tutta l’area geografica, dovendo a sua volta ricevere servizi e merci locali.

Corinman avrebbe portato alle popolazioni locali non solo lavoro, ma anche cultura, benessere e assistenza sanitaria. Le imprese di Hulahop ne avrebbero beneficiato in termini di competitività e la società Hulahoppese stessa avrebbe risolto parte della conflittualità nella quale era caduta.

Sapeva che i sindacati e anche parte degli industriali gli si sarebbero scagliati contro, accusandolo di togliere lavoro agli Hulahoppesi, ma su questo fronte Justin Durban era assolutamente sereno perché da decenni pensava che il processo di trasferimento produttivo dall’occidente al terzo mondo, non solo fosse irreversibile, ma fosse addirittura eticamente dovuto nei confronti di quelle popolazioni che l’occidente aveva tanto depredato di risorse naturali nell’era del colonialismo.

Corinman avrebbe remunerato il capitale dei propri investitori attraverso la locazione e la fornitura di servizi.

Inoltre Corinman avrebbe offerto le proprie quote anche a investitori istituzionali quali le Fondazioni bancarie che già investivano parte dei propri fondi in attività non produttive chiedendo loro una durata dell’investimento ventennale a fronte di un interesse figurativo (ai piccoli investitori sarebbe stata offerta invece una remunerazione a tassi di mercato).

La governace di Corinman sarebbe stata affidata a tre Comitati aventi funzioni ben distinte. Un Comitato di Gestione, costituito da personale proprio, che si sarebbe occupato della realizzazione e gestione delle opere. Un Comitato Etico, formato da associazioni volontaristiche di chiara ed irreprensibile fama, in grado di identificare e giustificare la localizzazione geografica degli insediamenti. Un Comitato Economico, costituito da investitori istituzionali, sindacato degli azionisti e istituti di ricerca, avente lo scopo di identificare e giustificare economicamente la localizzazione geografica degli insediamenti.

Secondo Justin Durban, Corinman, rendendo profittevoli le opere di bene, avrebbe consentito per la prima volta di realizzare investimenti produttivi e non assistenziali nei PVS, ridurre il fenomeno dell’emigrazione verso i paesi industrializzati e consentire ai grandi investitori istituzionali di realizzare donazioni produttive non a fondo perduto.

A suo avviso un cocktail irresistibile per qualsiasi investitore di buona volontà.

La campagna di sottoscrizione partì piuttosto lenta, nonostante lui avesse esposto la sua stessa immagine nei manifesti che tappezzarono Hula per parecchi mesi. Ma Justin Durban era un tipo tosto e così avviò un road-show che lo vide promuovere Corinman nelle principali piazze dell’intera Hulahop Valley. Le sottoscrizioni crebbero un po’, ma ancora in misura insoddisfacente.

C’era qualcosa che non andava.

“Senza dire il solito te lo avevo detto io, dimmi secondo te cosa non sta funzionando” chiese una sera alla signora Frida.

“Non hai clienti”.

“Lo so bene che ne ho pochi e…”

“Non ho detto sottoscrittori. Ho parlato di clienti…”

“Non capisco”.

“Quanti imprenditori e quante associazioni di volontariato si sono dette disponibili ad affittare spazi nei tuoi favolosi Centri Polifunzionali?”

“E come faccio a saperlo se li devo ancora costruire?” rispose stizzito il Governatore.

“Informati. Io chiesto un po’ in giro e tutti pensano che in quelle cattedrali nel deserto non ci andrà proprio nessuno. Nemmeno gli immigrati che vorrebbero tornare nella loro terra”.

“E a chi avresti chiesto?”

“A gente di buon senso Hulahoppese. Il lattaio, il panettiere, l’aiutante africano dell’idraulico”.

“Un panel di esperti, eh?”

“Justin Durban! Non fare il gradasso con me. Tu sai che ho ragione…”

Il Governatore si rinchiuse imbestialito nel suo studio e vi passò l’intera notte.

La mattina dopo, dopo essersi scusato con la moglie, ordinò un sondaggio che una settimana dopo confermò l’intuizione della signora Frida. Ai potenziali investitori Corinman sembrava una buona idea, ma erano dubbiosi sulla possibilità che gli imprenditori, soprattutto quelli piccoli trasferissero parte delle loro attività produttive nei luoghi che Corinman aveva scelto per loro.

Justin Durban aveva bisogno di testimonianze di imprese e associazioni intenzionate a aderire al progetto. E su questo aspetto Justin Durban era molto fiducioso. Nel corso della sua lunga carriera di manager aveva conosciuto il meglio dell’imprenditoria Hulahoppese e con buona parte di essa aveva intrattenuto rapporti se non di amicizia, di vicendevole stima. Alzò il telefono e compose il numero di uno dei più importanti industriali meccanici della Valle.

Glielo passarono subito, ma dopo i convenevoli di rito, alquanto cordiali, alla domanda se era interessato a Corinman come investitore e cliente, Justin Durban si sentì rispondere un secco diniego. Lui aveva già delocalizzato le sue attività produttive in estremo oriente e i centri polifunzionali di Corinman gli sembravano un carrozzone sul quale lui non sarebbe mai salito.

Ala quinta risposta del medesimo tono, proferita dal quinto industriale interpellato, il Governatore cominciò a sentirsi depresso, anche perché fino a quel momento aveva chiamato in pratica degli amici. Alla fine della giornata, diciannove industriali avevano affermato di non avere la minima intenzione di andare in Africa, mentre il ventesimo si era addirittura rifiutato di dire la sua.

“Mio caro” sentenziò quella sera stessa la signora Frida “questa volta hai peccato di onnipotenza. Hai creduto di poter imbrigliare nel tuo progetto forze che invece necessitano, per loro natura, di essere libere. Se gli Hulahoppesi ti hanno seguito nella vicenda del traffico, dell’acqua, della Demotivazione è perché non avevano alternative. La situazione era ormai così compromessa che il tuo intervento è stato davvero quello di un deus ex machina, sei arrivato al momento giusto e loro hanno accettato i sacrifici imposti dalle tue riforme perché ne hanno tratto immediato beneficio. Ma Corinman è una cosa talmente ambiziosa, costosa e lontana dalle loro esperienze di tutti i giorni che l’hanno rifiutata. Sì, è vero che si lamentano dell’immigrazione selvaggia, dei clandestini, dei vicini che urlano in un’altra lingua e cucinano cose dalla puzza indicibile, ma si stanno abituando e non possono accettare che qualcuno dica loro dove andare a costruire le loro fabbriche, dove andare a lavorare e a vivere. E la maggior parte degli immigrati, anche se prova nostalgia per la propria terra natale, non ne vuole sapere di tornare indietro perché ormai ha fatto una scelta. Mi spiace Justin, ma è così. Questa volta ti è andata male. Devi fartene una ragione…”

Justin Durban, anche se continuava a non capire, se ne fece una ragione. Restituì le quote a chi le aveva versate. Chiuse la società che aveva fondato. Chiese scusa ai paesi che gli avevano promesso i terreni sui quali edificare i centri polifunzionali, ringraziò gli istituti di credito che l’avevano aiutato a creare la società e i media che gli avevano offerto gli spazi pubblicitari gratuitamente.

Per il Governatore, Corinman fu la più grave debacle della sua vita, dalla quale più non si riprese.

Portò a termine dignitosamente il suo mandato senza però più alcun frullo d’ali.

Rifiutò fermamente di ricandidarsi, e i Partiti Democratico e Conservatore ben si guardarono dal chiederglielo, nonostante le insistenze dei cittadini di Hulahop.

Il ventinove marzo, esattamente tre anni dopo la sua investitura, il Governatore tornò a essere solo e soltanto Justin Durban, con grande felicità della signora Frida che gli aveva preparato un inteso programma di lavoretti domestici che da tre anni attendevano di essere compiuti.


Foto di Tiziana Callegari