( C.M. de Talleyrand-Périgord )
L’ingegner Ross era un uomo tutto di un pezzo e così, quando riuscì a vendere la licenza dello SkySweeper all’estero (l’import/export di beni intellettuali era l’unica forma di commercio non autarchica che gli Hulaloppesi ammettessero), Justin Durban si ritrovo all’improvviso molto più ricco di quanto avesse bisogno.
La signora Frida gli ricordò nuovamente che in
realtà non avevano bisogno nemmeno dei suoi proventi di Governatore e così,
assieme decisero di devolvere tutti i guadagni provenienti dallo SkySweeper,
inclusi quelli futuri perché le royalties sono una cosa che non finisce mai,
alla Fondazione Frida & Justin Durban il cui scopo sociale sarebbe stato
quello di sostenere i giovani artisti con un concorso nel quale ai primi
classificati, delle diverse categorie previste, sarebbe andato un sostanzioso
premio in denaro.
Il Governatore pensava che la vita non fosse mai stata così generosa con lui. A un successo ne seguiva un altro e a sessantanni era diventato ricco e celebre come mai lo era stato in tutta la sua esistenza.
L’opposizione interna della compagine governativa da lui presieduta si era fatta strada facendo sempre più debole e con John Bentham, il leader del Partito Democratico, era addirittura entrato in confidenza e, ogni tanto, si vedevano anche privatamente, facendo molta attenzione a che Geena Kampf non lo venisse a scoprire per non scatenare un putiferio politico.
John Bentham era un lontano discendente di Jeremy Bentham, il filosofo utilitarista britannico che, nel 1791, pubblicò un progetto di carcere modello, che battezzò col nome di Panopticon. Bentham immaginò un edificio semi-circolare, al cui centro era collocata la sede dei sorveglianti, mentre le celle si trovavano lungo la circonferenza e erano interamente esposte allo sguardo delle guardie; dei muri isolavano i prigionieri l'uno dall'altro, così da render loro impossibile vedersi e comunicare reciprocamente. La torre di sorveglianza, con un sistema di imposte, permetteva di vedere senza essere visti. In questa maniera, ciascun prigioniero - non potendo mai avere la certezza di non essere sorvegliato - si sarebbe sempre comportato con disciplina.
John Bentham era intenzionato a rispolverare l’antico progetto del trisavolo per tentare di porre rimedio soprattutto alla microcriminalità che stava dilagando anche nella Valley. Scippi, furti, rapine, vandalismi, eccetera.
Quella sera, dopo una deliziosa cena cucinata dalla signora Frida, mentre sorseggiavano un bicchiere di buon Cognac, Bentham stava tentando per l’ennesima volta di convincere il Governatore della bontà del progetto del suo illustre avo britannico.
“Vede Governatore, il Panopticon non è un carcere punitivo, ma è un carcere correttivo comportamentale. I criminali non sapendo se sono osservati o meno, sono costretti a comportarsi come si deve, senza che in realtà lo siano davvero. Ora è evidente che il progetto architettonico di Zio Jeremy è decisamente obsoleto e io non voglio sprecare il danaro dei contribuenti costruendo l’ennesimo, costoso, edificio pubblico. Per applicare il concetto del Panopticon è sufficiente installare una telecamera in ogni cella e l’effetto risultante sarà il medesimo”.
“A me pare una cosa oltremodo punitiva e anche un po’ imbarazzante ai fini della privacy cui, anche un condannato ha diritto. Capisco un mafioso pluriomicida che abbisogna di una costante sorveglianza, ma nel caso di un ladro o di un grassatore, mi sembra una misura davvero eccessiva. E comunque mi sfugge il lato correttivo del Panopticon. Una volta usciti di prigione, temo ripeteranno, magari con maggior prudenza e rabbia, i crimini che avevano già commesso…”
“La correzione è implicita nella punizione, ossia nell’avere inculcato nel loro DNA il timore di essere costantemente osservati…”
“Come nel Grande Fratello di Orwell”.
“Beh, non proprio. Fuori di galera non disponiamo di sufficienti telecamere per realizzare un controllo simile”.
“Grazie a Dio, non è così. E di una cosa tipo braccialetto elettronico, che ne dice? Mi pare già una bel sistema di telecontrollo”.
“Piuttosto che niente è meglio piuttosto, ma è
assolutamente insufficiente. Con quello, se di tipo GPS, possiamo al massimo
sapere dove sono, ma non certo cosa stanno facendo…”
Quando Bentham se ne fu andato, Justin Durban era turbato. Se il leader del partito progressista era così illibertario non voleva nemmeno pensare a quali pensieri potevano frullare nella mente di Geena Kampf!
Anche lui e sua moglie avevano subito un furto, ma non avevano certo invocato la pena di morte. Il Governatore era convinto che di un malfunzionamento bisognasse scoprire la causa prima di enunciare la diagnosi e le cause della criminalità erano ben note: povertà, ignoranza e disagio sociale. La causa era quasi sempre economica, anche se sapeva che atti come il vandalismo e altri tipi di violenza erano commesse anche da benestanti che magari vi arrivavano solo per noia.
L’uomo, storicamente, aveva individuato due metodi per sconfiggere la criminalità: la repressione e la prevenzione.
Il primo si era dimostrato nel corso della storia assolutamente inefficace, non riuscendo a debellare né a contenere il fenomeno. Il secondo, intendendo come prevenzione non la difesa passiva o attiva di cose e persone ma la vera e propria eliminazione del male alla sua radice, era di così lunga e difficile applicazione da potersi definire puramente teorico.
E lui come Governatore non poteva certo impegnarsi a sradicare il male dall’animo umano, cosa che purtroppo non era riuscito nemmeno a Cristo.
Justin Durban s’interrogò a lungo sulla possibilità di una terza via. Non era un giurista, né un criminologo e, se voleva dare il suo piccolo contributo, non poteva certo competere con chi era più competente lui.
Ci voleva qualche pensiero laterale, per cambiare la prospettiva dei suoi ragionamenti.
La cosa andò avanti per numerose settimane, con quel piccolo motore di ricerca permanentemente in funzione in un angolo del suo cervello.
E poi accadde, come sempre quando meno se lo aspettava, mentre effettuava un bonifico online.
E una parola gli si stampigliò nelle meningi come un marchio a fuoco sulla natica di un vitello: demotivazione.
Non repressione, non prevenzione, ma demotivazione.
Rielaborò il pensiero per qualche giorno, poi lo espose alla fida Frida che lo approvò. Il Governatore convocò una seduta straordinaria del Consiglio, alla quale presenziò anche Geena Kampf, nonostante fosse devastata da un attacco improvviso di orticaria da stress.
“Carissimi Assessori e Consiglieri. Vi sarete chiesti il perché di questa convocazione a porte chiuse, infatti, come avrete notato quest’oggi non è presente la stampa. La ragione è che da qualche giorno mi frulla per le cervici un intervento strutturale molto importante, così importante che prima di parlarne in giro gradirei avere il vostro parere”.
Un mormorio di stupito assenso sovrastò la sua voce. Nelle due occasioni precedenti Justin Durban se ne era fregato allegramente del Consiglio e aveva imposto le proprie idee contro tutto e contro tutti, forte solo delle sue convinzioni. Se questa volta aveva bisogno del parere dei politici, si doveva trattare di qualcosa di davvero importante.
Come il Governatore alzò il braccio destro per chiedere silenzio, questo piombò sulla Sala come una pietra tombale.
“L’argomento di cui voglio parlarvi è la nostra incapacità di contrastare la criminalità grande e piccola che affligge la nostra bella Valle. È pur vero che non siamo ai livelli di grandi megalopoli come New York, Londra o Città del Messico, ma nel nostro piccolo anche noi ci possiamo e dobbiamo lamentare. Furti, rapine, scippi, rapimenti. Non ci manca nulla. Nella mia trattazione non parlerò di delitti contro la persona come stupri, omicidi passionali, pestaggi xenofobi, risse e quant’altro deriva dalla malvagità insita nell’animo umano. Contro questi terribili crimini, purtroppo, non ho niente di innovativo da raccontarvi. Di cosa parlerò allora? Solo e soltanto di crimini contro la proprietà. Contro questi crimini l’uomo ha escogitato due approcci molto differenti: la repressione e la prevenzione. L’efficacia della repressione è sotto gli occhi di tutti: carceri stracolme di individui che invece di essere “corretti” escono dalle stesse, incattiviti e ancor più acculturati sul crimine. Sulla prevenzione, da non intendersi come difesa passiva o attiva di beni e persone ma come e vera e propria eliminazione del male alla sua radice, dopo oltre duemila anni dalla venuta di Cristo le nostre speranze sono ridotte a un lumicino.
Ho ragionato a lungo su questo argomento e penso, ma in queste cose esiste sempre il rischio dell’abbaglio, di avere individuato una terza via”.
Justin Durban guardò uno a uno negli occhi i suoi interlocutori e li vide attenti come un fedele in attesa di una rivelazione divina. Sentì le budella torcersi per l’emozione. Ormai la gente si aspettava da lui solo miracoli, ma lui non era un santo o un mago, ma solo un uomo che aveva il coraggio delle sue idee e quando queste si dimostravano sbagliate aveva anche la forza di ricredersi e ammetterlo. Inspirò profondamente ed espose il suo pensiero.
“Demotivazione. Ho chiamato così la terza via, alternativa alla repressione e alla prevenzione. L'assunto di base è il seguente: l'attività criminosa può prosperare perchè esiste un mezzo di scambio anonimo quale il danaro; se quest'ultimo non esistesse i malviventi sarebbero costretti a tornare all'antica pratica del baratto (un televisore in cambio di tre radio) e i compratori (ricettatori) sarebbero impossibilitati a comprare la refurtiva o la droga, impedendo, di fatto, l'esistenza di qualsiasi fenomeno criminale di tipo professionistico.
D'altro canto non è affatto necessario, né tanto meno possibile, bandire il danaro, la cui scomparsa farebbe ripiombare l'intera società in piena era preistorica. È sufficiente abolirne l'anonimato. La cosa è già di fatto possibile da alcuni decenni tramite l'impiego di mezzi di pagamento quali assegni, carte di credito e transazioni elettroniche operanti in tempo reale sui conti correnti bancari. In altre parole solo denaro elettronico, i cui passaggi di proprietà sono costantemente tracciabili.
Dal momento stesso in cui il denaro fisico cesserà di avere validità sul territorio di Hulahop crimini quali il furto, le rapine, i rapimenti scompariranno letteralmente, perché sarà venuta meno l’impunità dell’atto.
È vero che ci sarà probabilmente un dilagare del crimine virtuale, con attacchi di hacker alle banche e ai conti privati dei singoli cittadini, ma per la miseria, sarà pur sempre meglio che vedere accoltellare un passante per rubargli il portafoglio. Ci sarà anche un proliferare di identità elettroniche fittizie, dietro le quali si andranno a nascondere i futuri malviventi elettronici, ma ancora una volta tutto avverrà senza spargimento di sangue e se anche queste identità fittizie dovessero essere come Matrioske, prima o poi si arriverebbe alla vera identità del malversatore.
Naturalmente ci sono degli elementi negativi in questa strategia. Dovremo usare la carta di credito anche per pagare un caffè o per comperare il giornale, ma tutti gli esercizi commerciali si doteranno di linee dati veloci in modo che le transazioni siano le più brevi possibile.
A questi micropagamenti gli esercenti potranno anche far fronte utilizzando diverse strategie, dai tesserini a obliterazione, alle carte elettroniche a scalare, alle nuovissime transazioni via telefono cellulare o al buon vecchio conto che il salumaio sotto casa tiene per i propri più affezionati clienti e che viene saldato di settimana in settimana. Certo dovremo rendere accessibili questi mezzi anche ai bambini per potersi comperare il gelato e agli anziani per potere fare la spesa, ma sono tutte cose superabili senza grossi traumi.
Il problema più grave sarà però relativo a una gestione intelligente della malavita rimasta improvvisamente senza fonti di sussistenza.
Dobbiamo prevedere anche l'eventualità di tumulti e rivolte alle quali bisognerà rispondere con proporzionata fermezza.
Ma un governo intelligente dovrà prevedere delle soluzioni alternative, anche per questi cittadini, varando una serie di iniziative di carattere pubblico, quali la costruzione di autostrade, metropolitane, eccetera che richiedano una forte presenza di mano d'opera non qualificata, in modo da offrire a tutti un lavoro onesto.
Le opere di cui sopra dovrebbero essere finanziate in toto con il maggior gettito fiscale derivante dalla sopravvenuta impossibilità ad evadere le tasse, derivante sempre dall'avvenuta scomparsa dell'anonimato.
Insomma sembrerebbe la quadratura del cerchio, ma mi pare troppo bello per essere vero e quindi chiedo a tutti voi, Assessori e Consiglieri, di riflettere su quanto ho proposto e di venire a dirmi senza tanti peli sulla lingua dove il ragionamento fa acqua. Vi ringrazio per l'attenzione".
Justin Durban lasciò passare alcuni giorni poi, non avendo ricevuto alcun commento, convocò uno a uno tutti i componenti del Consiglio. Al termine di quell'estenuante giro di consultazioni, nessuno aveva trovato una falla nella logica della Demotivazione. Il Governatore aveva anche sentito il parere del dottor All In One, ma anche lui divenne subito un agguerrito sostenitore della Demotivazione.
A un mese dalla sua presentazione in Consiglio, Justin Durban cominciò a ricevere notevoli pressioni da parte dei singoli componenti della compagine governativa, perchè mettesse in atto il progetto. La Kampf, per la quale qualsiasi scusa era buona per attaccarlo, lo accusò pubblicamente di essere un pusillanime che non aveva nemmeno il coraggio di sostenere le proprie idee.
Ma il Governatore, contrariamente alla propria indole, non decise nulla. C'era un aspetto del suo piano che necessitava ancora di una soluzione: trovare un lavoro onesto ai delinquenti cui la Demotivazione avrebbe tolto le fonti di sostentamento e nessuno dei membri del Consiglio, né tanto meno del Governo, era stato in grado di individuare o creare delle nuovi grandi opere in grado di dare lavoro agli ex-si-spera-delinquenti.
E senza quella certezza, Justin Durban, non aveva la minima intenzione di avviare il progetto. Conosceva troppo bene l'animo umano e sapeva che la disperazione della fame avrebbe potuto generare rabbia incontrollata e lui non voleva macchiarsi della colpa di avere causato delle sommosse, nelle quali il sangue sarebbe scorso copioso. Era come un presentimento, inspiegabile, ma terribilmente reale.
Ci voleva un'altra idea. Un altro grande progetto.